La collocazione della Russia negli scenari internazionali, secondo la visione strategica dello zar Putin IV

(di Tiziano Ciocchetti)
26/03/18

Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin rivolgendosi alla Duma, dopo l’annessione della Crimea, nel marzo del 2014, dichiarò: gli Stati Uniti d’America preferiscono seguire la legge del più forte e non quella della diplomazia internazionale. Come nazione sono convinti di essere un qualcosa di eccezionale, di essere stati scelti per plasmare il destino del mondo e di essere gli unici detentori della verità. Di conseguenza, agiscono come ritengono più opportuno. Usano la forza contro Stati sovrani, e danno vita a coalizioni sulla base del principio: chi non è con noi è contro di noi.

Nelle parole di Putin appare la chiara volontà di un ritorno sulla scena internazionale della Russia, con l’esplicito obiettivo di limitare – per quanto possibile – la visione unilaterale del mondo da parte degli Stati Uniti d’America.

Con la recente riconferma, quasi plebiscitaria, alla carica presidenziale Putin ha potuto proseguire la sua linea strategica, già avviata da alcuni anni, che si poggia su tre elementi principali: il rinnovamento del deterrente nucleare, che le conferisce lo status di grande potenza; la riorganizzazione delle Forze Armate, afflitte negli anni passati da gravi problemi di efficienza e di reclutamento; l’ammodernamento delle forze convenzionali – in particolar modo per quanto riguarda l’acquisizione di munizionamento guidato di precisione, la cyber warfare nonché la capacità di proiezione in terreni operativi lontani -, apparato indispensabile per assicurarsi un ruolo negli scenari di crisi internazionali, senza dover rischiare un confronto nucleare.

A partire dal 2014, le Forze Armate della Federazione Russa hanno riacquistato sia sul piano interno che su quello internazionale maggiore credibilità, portando a termine l’occupazione della Crimea, appoggiando le azioni dei separatisti del Donbas nell’Ucraina orientale e, dal settembre 2015, intervenendo nella guerra civile siriana a sostegno del regime di Assad.

È altresì interessante sottolineare che non si tratta di un dispositivo militare massiccio, basato su grandi unità equipaggiate con armamento pesante, come ai tempi dell’URSS, ma di reparti mobili e pluriarma, in grado di affrontare le minacce della guerra moderna e di intervenire anche in teatri operativi ad alta intensità: uno strumento quindi, a disposizione di Mosca, per riaffermare il suo ruolo e le sue ambizioni di potenza in un mondo multipolare.

Dal punto di vista dell’organizzazione, il processo decisionale russo è fortemente accentrato nelle mani del presidente Putin, soprattutto in materia militare e di sicurezza interna. Il presidente, che è anche capo supremo delle Forze Armate, nomina il ministro della difesa, che ha le funzioni di implementarne le decisioni politiche e di sovrintendere alla preparazione delle forze, nonché all’acquisto di materiale e alle attività dello Stato Maggiore Generale.

Quest’ultimo, diretto dal 2012 dal generale Gerasimov, esercita il comando sulle Forze Armate tramite il Direttorio Operativo Principale (GOU, Glavnoye Operativnoye Upravleniye) che ha il compito di elaborare i piani per la difesa nazionale, definire la pianificazione strategica e, in collaborazione col comitato scientifico-militare dello Stato Maggiore Generale, imposta i programmi d’armamento. Per adempiere ai suoi doveri, il GOU, si avvale di un sistema di comando e controllo (C4ISR).

Per agevolare la condotta delle operazioni, nel 2010 si è deciso la creazione di una struttura di comando interforze che ha portato alla suddivisione del territorio della Federazione in quattro Comandi Operativi Interforze (KSO, Komanda Svmestnykh Operatsiy), integrato nel 2015 da un ulteriore KSO, quello della Flotta del Nord, destinato ad implementare la capacità di proiezione di forze nella regione dell’Artico. I KSO hanno autorità su tutte le unità – terrestri, aeree e navali – di stanza o schierate entro le rispettive aree di competenza, sia in tempo di pace che in caso di conflitto, la loro creazione ha permesso di compattare le strutture di comando rendendole più lineari ed efficienti.

Questa rivoluzione negli affari militari ha consentito a Mosca di trasformare alcune aree in zone operative e strategicamente isolate, le cosiddette bolle. Comunemente conosciuta come A2/AD (Anti-Access/Area Denial) si riferisce alla dottrina difensiva che verte ad impedire, o comunque a rendere estremamente difficoltoso, l’accesso e il dispiegamento di reparti militari nemici in una determinata zona.

Gli strumenti per porre in essere tale strategia sono molteplici: dai sistemi missilistici di difesa aerea integrati alle batterie mobili per la difesa costiera, dai missili cruise, all’impiego di unità di superficie e non, alle Forze Speciali, passando per i sistemi anti-satellite, la EW e la cyber warfare.

Quella in Crimea rappresenta la seconda bolla in ordine cronologico. Il Cremlino ha avviato un programma che mira ad incrementare, sia in termini quantitativi che qualitativi, la propria presenza militare nell’area, con particolare attenzione alla componente navale, che la Russia vuole trasformare in uno strumento per il supporto delle operazioni navali nel Mediterraneo, con la Flotta del Mar Nero che fungerà da moltiplicatore di forza della nuova Task Force mediterranea della Marina della Federazione Russa.

Attualmente, la componente navale di stanza nel Mar Nero è formata da 45 navi e 7 sommergibili, distribuiti su quattro reparti:

  • 30ᵃ Divisione, di stanza a Sebastopoli, composta da 13 unità di superficie: 6 navi appartenenti all’ 11ᵃ Brigata antisommergibile, costituita dall’incrociatore lanciamissili MOSKVA – ammiraglia della Flotta del Mar Nero – equipaggiato con 8 lanciatori ottupli per missili antiaerei ed antimissili S-300F; 4 fregate – 2 classe GRIGOROVICH (equipaggiate con 8 lanciatori verticali 3S14 per missili land attack KALIBR e antinave 3M55 ONIKS); due classe KRIVAK; 7 navi da sbarco anfibie classe ALLIGATOR e ROPUCHA I-II appartenenti alla 197ᵃ Brigata d’Assalto Anfibio.

  • 41ᵃ Brigata navi missilistiche, divisa in due reparti: la 295ᵃ Divisione di Sulinsk, che dispone di 5 corvette lanciamissili classe TARANTUL-III; la 166ᵃ Divisione formata da 4/5 corvette lanciamissili; due hovercraft classe BORA, due NANUCHKA-III e una BUYAN-M. Inoltre, secondo quanto previsto, alla 166ᵃ verranno assegnate 5 delle nuove corvette modulari multiruolo classe KARAKURT, dotate di moduli 3S13 in grado di lanciare sia il KALIBR-NK, sia i P800 ONIKS, ma equipaggiate anche di un complesso antiaereo misto a corto raggio PANTSIR-M.

  • 247ᵃ Divisione Indipendente Sottomarini, costituita da 7 battelli d’attacco a propulsione diesel-elettrico classe KILO. L’unità dispone di 6 unità della variante 636.3 VARSHAVYANKA, caratterizzata da una minore segnatura acustica, da un incremento dell’autonomia e della velocità nonché della capacità di colpire obiettivi navali e terrestri (con i 3M14K KALIBR) rispetto ai primi KILO ed uno, ALROSA, nella vecchia versione 877V (unico della serie con propulsione ad idrogetto).

In Crimea, inoltre, è presente una consistente componente missilistica. Infatti, dopo l’annessione, sono state inviate 3 batterie di sistemi di difesa costiera K-300P BASTION-P, entro il 2020 dovrebbe essere disponibile anche la versione lanciabile dai silos sotterranei, BASTION-S; i sistemi antinave SEPAL e STYX, tutti assegnati all’11ᵃ Brigata missilistica costiera di Anapa.

Per quanto riguarda l’artiglieria tradizionale è presente l’8° Reggimento di Perevalnoye equipaggiato con 60 pezzi, tra cui i missili controcarro 9M127 KRIZANTEMA (AT-15 SPRINGER), obici semoventi 2S19 MSTA da 152 mm e lanciarazzi multipli 9K52M TORNADO-G. Mentra la difesa antiaerea è assicurata dal 1096° Reggimento missilistico di Sebastopoli, dotato di una batteria di S-300PM. Tra i compiti del reggimento vi è la protezione della base aerea di Hvardiyske/Simferopoli e di quella navale di Sebastopoli (sono presenti anche i complessi antiaerei PANTSIR-S1).

Attualmente in Crimea non dovrebbero essere presenti i sistemi missilistici balistici tattici ISKANDER (foto). Tuttavia non è da escludere che, nel prossimo futuro, vengano inviati i nuovi ISKANDER-K, dotati della variante cruise del missile R-500 con gittata di circa 500 km ma, teoricamente, incrementabile fino a 700 km e, quindi, capaci di colpire la base aerea rumena di Deveselu, ovvero una delle due basi europee del sistema antimissili balistici NATO AEGIS Ashore.

È altresì interessante segnalare che, nella seconda metà del 2015, la Russia ha più volte considerato la creazione di un sistema di difesa aerea congiunto con l’Armenia, il quale incrementerebbe le capacità di controllo e di Air Denial di Mosca dello spazio aereo del Caucaso meridionale. La realizzazione di questo sistema congiunto rappresenterebbe un elemento complementare al rafforzamento della dottrina A2/AD inerente alla zona del Mar Nero e implementerebbe le capacità operative russe in tale regione.

Il fulcro delle capacità offensive di Mosca è costituito dalla componente nucleare, che vede il Cremlino su un piano di sostanziale equilibrio con gli Stati Uniti, in base alle disposizioni del trattato bilaterale New START firmato l’8 aprile 2010, che stabilisce per ciascuna potenza un limite di 1.550 testate strategiche operative e di 700 vettori fra missili intercontinentali basati a terra (ICBM), imbarcati sui sottomarini (SLBM) e bombardieri strategici, da raggiungere entro quest’anno. Il 1° aprile 2017, come previsto dal trattato, la Federazione russa ha dichiarato di disporre di 1.765 testate e 573 vettori.

Oltre alle testate strategiche operative, si stima che il Cremlino possieda circa 2.000 armi nucleari tattiche (installate su missili aria-superficie, missili balistici a corto raggio, missili antinave e antisom).

Per quanto riguarda i vettori, gli ICBM sono suddivisi tra le tre armate formate da 12 divisioni con circa 60.000 effettivi, 8 delle quali equipaggiate con lanciatori mobili per missili SS-25 (72 lanciatori operativi), SS-27 Mod 1 (18 unità) e SS-27 Mod 2 (73 unità), a questi vanno aggiunti 60 SS-27 Mod 1 in silos e 76 ICBM ereditati dall’URSS (46 SS-18 e 30 SS-19), anch’essi in silos. Di quest’ultimi - nonché degli SS-25, in servizio da più di 30 anni - è prevista la sostituzione con nuovi sistemi entro il 2022.

In campo navale gli SLBM sono ripartiti fra sei sottomarini nucleari classe Delta IV, tre classe Borei (foto), due Delta III e un Typhoon (utilizzato come piattaforma per i lanci di prova), equipaggiati rispettivamente con missili SS-N-23, SS-N-32 e SS-N-18, tutti in grado di colpire il territorio statunitense, anche partendo dalle basi dei sottomarini. Per il prossimo futuro è prevista la standardizzazione della linea operativa sulla sola classe Borei (otto battelli da costruire entro il 2020, incluse le tre già in servizio) armata di SS-N-32, con il ritiro delle vecchie unità e dei rispettivi missili.

In materia di bombardieri a lungo raggio, l’aviazione russa schiera circa 140 velivoli fra Tu-160 BLACKJACK (16 esemplari), Tu-95MS BEAR (60 esemplari) e Tu-22M3 BACKFIRE-C (meno di 70); secondo il trattato START ogni bombardiere viene conteggiato come un’unica testata, indipendentemente dal numero delle bombe a caduta libera e dei missili da crociera (Kh-101 e 102) effettivamente trasportati. Il Cremlino ha pianificato l’ammodernamento dei velivoli in servizio, in particolare dei Tu-95 e Tu-160, mentre è prevista la realizzazione di una cinquantina di nuovi Tu-160M2. Inoltre è in programma anche lo sviluppo di un nuovo bombardiere strategico, designato PAK-DA, dotato di capacità stealth e in grado di trasportare sia armamento nucleare che convenzionale, tuttavia le difficoltà finanziarie ne rendono incerti i tempi di acquisizione.

(foto: Kremlin / MoD Federazione russa)