La Germania invia armi all’Ucraina, ma deve fare il gioco degli Stati Uniti

(di Andrea Forte)
25/03/22

Uno dei modi per osservare l'evoluzione del conflitto in Ucraina è registrare il comportamento dei satelliti delle grandi potenze coinvolte (o ufficialmente non coinvolte), dunque di Stati Uniti e Russia, per cogliere le dinamiche, che realmente si muovono.

È di ieri la notizia che la Germania invierà armi all’Ucraina. Subito tale decisione è sembrata ai media ufficiali un cambiamento storico della postura geopolitica tedesca, finora segnata dalla sconfitta nella seconda guerra mondiale e quindi punita con la privazione di vere capacità strategiche e più ancora privata di un vero e proprio pensiero strategico. La stessa costituzione le impone di non inviare armi a nessun Paese coinvolto in un conflitto, pertanto quale significato ha la mossa tedesca? È davvero un rivolgimento così importante? Sarebbe il sintomo di una nuova presa di coscienza?

Va innanzitutto registrato che le armi verranno inviate non direttamente, ma, vigente la costituzione attuale, ad un Paese terzo (Paesi Bassi o Estonia) e da qui in Ucraina. Già questo in realtà è una prima conferma che la politica tedesca continua a non voler e poter scegliere in misura adeguata alla propria statura, in nome di un’indecisione perenne, che la porta a stare con (sotto) gli Stati Uniti, ma a prendere gas (energia) dalla storica rivale di questi, la Russia, e a commerciare (soldi) con la loro sfidante, la Cina.

Massimizzare i frutti, ma non pagare i costi

Ovviamente fino ad un certo livello questa mentalità è assecondata dall’egemone americano, ma appunto, solo fino ad un certo livello. A ulteriore conferma che la Germania non vuole stravolgere la propria inazione è lo stesso discorso con cui si annuncia l'invio di armi, ovvero che l’attacco in corso “minaccia il nostro intero ordine del dopoguerra”.

L’invio di armi dunque si inscrive, perlomeno ufficialmente (ma con ulteriori significati che vedremo più sotto), nell'ambito di una conservazione dell'esistente e dei suoi rapporti di potere. La sottolineatura dell’ordine esistente è un messaggio che i tedeschi inviano a Washington, essendo l’ordine in questione quello di un dominio americano dell’Europa, sancito dalla sua vittoria nel 1945 e inteso ad annichilire qualunque risorgere della potenza tedesca nel continente (oltre che ad allontanare Mosca).

Qualunque atto la Germania voglia compiere, anche solo in apparente contraddizione con questa condizione, va dunque fatto segnalandone non solo la sua natura innocua, ma anzi presentandolo addirittura come difesa del giogo che le grava sopra, ovvero impedire che si stravolga l’ordine. Non è dunque certo un caso che l’annuncio avvenga proprio il giorno successivo ad uno uguale francese.

Dalla nascita dell’Unione Europea il significato geopolitico di asse franco-tedesco non è altro che quello di uno scambio, con cui la Francia ottiene dalla Germania il peso che non ha, e soprattutto la Germania, impossibilitata e ormai disabituata e timorosa a muoversi da sola, ottiene dalla Francia la patente di azione non tedesca, ma europea. Unico modo, soprattutto in passato, per legittimare qualunque propria mossa. L’annuncio di Berlino dopo quello di Parigi serve proprio a ribadire agli Usa questo, che non si tratta di un passo tedesco, ma europeo, privo di vera autonomia da Washington.

Per capire quanto sia effettivo il mondo dei vincoli a cui la Germania deve sottostare, bisogna ampliare lo sguardo a quali altri Paesi europei stanno facendo la stessa cosa. Sono in partenza armi da Paesi Bassi, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca. Fermandosi per ora a questo primo gruppo, si scopre che sono proprio i Paesi del campo americano, che confinano però anche tutti intorno alla Germania e soprattutto che sono i Paesi, la cui piccola taglia ha comportato, nel corso della storia, la loro soppressione ogniqualvolta la Germania ha proiettato la propria potenza. Per fare qualche esempio, l’occupazione del Belgio nelle due guerre mondiali, o a quella di Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo nella seconda, l’annessione di Boemia e Moravia nel 1939 o l’occupazione della Danimarca del 1940. Il fatto che ora si muovano insieme alla Germania non è allora indice della loro partecipazione ad una rinascente sfera tedesca, ma quello della partecipazione al controllo americano sulla Germania, l'unica potenza che potrebbe insidiare, seppur non oggi né domani, l'egemonia a stelle e strisce sul continente, qualora riuscisse a stringere la mano alla potenza russa.

A conferma che sia questa la realtà dei rapporti di queste nazioni con Berlino, si deve andare indietro, al varo del Recovery Fund del 2020. Tra gli stati che più si sono opposti alla possibilità che la Germania si esponesse a garanzia di un qualcosa di simile ad un debito pubblico europeo, per aiutare gli stati più in crisi finanziaria a causa del Covid, c’erano proprio i medesimi appena citati, che ora inviano armi insieme alla Germania. Se fossero davvero suoi satelliti, avrebbero anche, a suo tempo, immediatamente avallato il fondo, invece sono stati i più decisi assertori di un’austerità fiscale ancora più feroce di quella attribuita a Berlino, consapevoli che la questione non è mai solo economica o che se lo è, lo è soltanto all'inizio, perché i soldi tedeschi potrebbero ancora rischiare di diventare in futuro una leva per la costruzione di una rinnovata influenza geopolitica tedesca, qualora ci fosse a Berlino una nuova volontà di esprimere potenza. Ogni volta, lo si ripete, che la Germania si esprime sotto-forma di potenza, i primi a essere inglobati sono loro. I soldi ieri, le armi oggi, il ragionamento resta uguale.

Andando ancora oltre, tra chi si appresta ad aiutare l’Ucraina con la spedizione di armi, più grande dei precedenti Paesi e a completamento dell’accerchiamento alla Germania da parte dei segugi americani in Europa, c’è la Polonia. Da settimane questa criticava l’atteggiamento tedesco di non voler inviare veri aiuti militari a Kiev. Tale accusa è in apparente contraddizione con il timore secolare della Polonia di ritrovarsi al suo fianco occidentale una rinnovata potenza tedesca, che verso di lei ha avuto effetti ancora più nefasti che verso i popoli suddetti.

Anche qui vale l’idea dei soldi ieri e delle armi oggi… sfera d’influenza domani? No, se si guarda alla principale paura percepita da Varsavia, che nel momento presente è la Russia. Per questo vuole spingere la Germania a urtare Mosca, perché, mettendole contro, le separa ancora di più e asseconda un dominio americano che è per sua natura anti-tedesco e quindi funzionale alla Polonia.

Allargando di più lo spettro (e l’importanza) dei Paesi che aiutano l’Ucraina mandando armi, va menzionata la Francia. Si è spiegato in un precedente articolo quali siano le reali possibilità di manovra della nazione francese in questo conflitto, tra cui quella di aiutare gli Stati Uniti a rendere impossibile un risorgere della potenza tedesca raccordata a quella russa.

Anche in questo caso l'azione francese serve a far diventare ufficialmente europeo l'aiuto tedesco, impedendogli di intestarsi un sostegno dato da Paesi troppo minori, per non sembrarle agganciati, facendo apparire il tutto non un aiuto europeo, ma appunto un aiuto tedesco. Il contraltare francese è utilizzato dagli americani per devitalizzare il significato di quello tedesco.

Si può allora guardare la situazione da questo punto di vista. Gli Stati Uniti stanno ottenendo di allontanare sempre di più tra loro Russia e Germania, indebolendo un’intesa, che sarebbe l’unica vera capace di minacciarne l’egemonia. Nel farlo danno peso alla Francia, dandole modo di intestarsi una gestione europea degli aiuti militari all’Ucraina. Cosa che rinverdisce solo apparentemente l’idea francese di autonomia strategica europea, intesa dalla Francia come gruppo di europei da essa guidati nel campo della difesa. Idea già erosa dalle difficoltà della missione militare francese in Nord Africa (operazione Barkhane), dove tra gli altri obiettivi, c’era pure quello di guidare una missione militare degli europei, più autonoma dagli americani (Task Force Takuba) e sperimentare un passo appunto nell’autonomia strategica. In realtà la Francia, avallata dagli Usa nel cercare di guidare retoricamente gli aiuti “europei” all'Ucraina, sta soltanto stringendo i bulloni del dominio americano sulla Germania. Facendolo, permette agli americani pure di inibirgli il progetto autonomistico, nel momento stesso in cui le fanno assumere ufficialmente più responsabilità. Quello che sta accadendo perciò non è l’invio di armi tedesche all’Ucraina, ma l’invio di armi di tutti gli europei, affinché non siano solo armi tedesche.

Facendo un’ultima considerazione, se si arrivasse, anche attraverso il conflitto in Ucraina, ad una certa risistemazione stabile delle frontiere russe nell’Est-Europa, che in qualche modo tranquillizzi le insicurezze strategiche di Mosca, e nel farlo si consolidasse anche l’appartenenza tedesca al campo americano, erodendone i rapporti con la Russia, Washington, in procinto della vera sfida con la Cina, che sarà sempre più pesante, avrebbe un ulteriore vantaggio nella partita decisiva del futuro. Gli Stati Uniti stanno già ottenendo i loro risultati rispetto al fossato russo-tedesco, utilmente allargato, tutto da vedere invece sul futuro delle frontiere con la Russia. La sottomissione tedesca ribadita ha però un prezzo che gli americani nel futuro monitoreranno.

Scholz, nel condannare ripetutamente l’intervento contro l’Ucraina, ha ribadito spesso che si tratta della guerra di Putin, non dei russi, contro Kiev. Come a dire… tolto lui, la Germania riprenderà ad avvicinarsi alla Russia?

Foto: U.S. Air Force / Federal Government (DE) / president.pl