Il termine del Congresso del PCC lascia in sospeso la domanda che apre il breve dialogo tra Butch Coolidge e Marsellus Wallace in Pulp Fiction: e adesso?
Avanziamo qualche ipotesi. Posto che il Partito dalla fondazione non è stato oggetto di particolari cambiamenti, la sua fusione con lo Stato è tale da permettergli il controllo di esercito, burocrazie centrali e locali, organi legislativi. È stata variata la Costituzione, in modo da consolidare lo status di Xi divenuto nucleo del Partito1.
Li Keqiang, numero due della gerarchia politica di Pechino, e il presidente della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese, Wang Yang, sono stati accompagnati alla porta. Depennato dalla lista diramata dall'agenzia Xinhua anche il vice primo ministro Liu He, consigliere economico di Xi, che ha negoziato con gli USA la querelle tariffaria; del resto c’è poco da stupirsi visto l’allontanamento forzato dell’ex presidente Hu Jintao dalla sala congressuale.
La copertura mediatica del Congresso riguarda solo Xi ed il suo stile di governo; l’Economist lo dipinge come un autocrate con una delle più forti influenze politiche della sua epoca. Il principio ispiratore del rinnovamento politico si fonda, oltre che sulla competenza, sulla fedeltà e sull’obbedienza esclusive a Xi, sempre più volto alla personalizzazione del potere2.
In questo ambito Wang Huning è attualmente il più importante teorico politico cinese, ed esercita una notevole influenza ideologica su Xi. Wang, ha plasmato l’idea di ringiovanimento del sogno cinese ed è considerato l’esponente del neo-autoritarismo, con cui delinea un sistema nel quale la stabilità politica determina lo sviluppo; a lui si associa il prossimo premier, Li Qiang, segretario di partito a Shanghai nel periodo dei disordini.
Caratteristica del Partito rimane la rilevanza delle relazioni personali, della fedeltà familiare all’ideologia3. Il discorso di Xi non è stato torrentizio, e si è basato su una versione ridotta del suo Rapporto ufficiale al Congresso; priva di particolari insight, l’esposizione si è limitata a sistematizzare temi già trattati ed attività svolte: dunque nessuna innovazione, ma il rilancio del Sogno Cinese del 2012.
La Cina per tornare alla grandezza antecedente alla Guerra dell’Oppio del 1839, deve ringiovanire con una modernizzazione coincidente, nel 2049, con il centenario della Repubblica dopo aver raggiunto il traguardo intermedio della società moderatamente prosperosa.
Il 2049 impone tuttavia una ulteriore divisione per fasi: la modernizzazione socialista entro il 2035 e la successiva realizzazione di un grande paese socialista e moderno. Dopo la pubblicazione del XIV piano quinquennale del 2021 il salto al 2035 ipotizza una proiezione di leadership di Xi di almeno un altro decennio, in cui far risaltare sviluppo e modernizzazione in tema di governance e sicurezza nazionale, sicurezza intesa nelle sue accezioni militare ed economica.
Nelle analisi sulla relazione di Xi i termini più frequenti sono sicurezza e sviluppo, che surclassano il termine riforme. La sicurezza va di pari passo con il potenziamento militare, da completarsi entro il 2027, e che dovrà consentire operazioni oltremare e di difesa degli interessi strategici garantendo la sovranità nazionale.
Il ricongiungimento con Taiwan è una missione storica del Partito e non esclude l’opzione militare. Il XX Congresso del resto ha sancito la sua opposizione all'indipendenza di Taipei, che verrebbe auspicabilmente difesa dagli USA. Xi Jinping non ama improvvisare, il rischio non fa parte della filosofia di partito, dunque ha posto particolare attenzione agli imprevedibili cigni neri, capaci di mutare gli scenari, ed ai rinoceronti grigi, i pericoli noti, ma trascurati ed in sonno.
Xi punta dunque ad un maggiore controllo sociale interno rafforzando l’autarchia tecnologica, strumento necessario al primato commerciale, soprattutto ora che gli USA stanno bloccando le negoziazioni nel settore di semiconduttori e microchip, confermandosi quali antagonisti da sconfiggere nonché causa delle tempeste pericolose quali la rinnovata politica protezionistica sull’export. Che le relazioni con Washington sarebbero state disagevoli era già stato evidente con il pivot to Asia obamiano; l’amministrazione Trump ha solo approfondito una faglia destinata ad ampliarsi.
Qualsiasi strategia vorranno adottare gli americani, dovrà essere efficace, a lungo termine, di carattere bipartitico in grado cioè di soddisfare più amministrazioni di diversa tendenza. Le più recenti performance statunitensi mettono tuttavia in dubbio la capacità politica americana di mobilitarsi per affrontare la Cina alla stessa stregua di quanto intrapreso dall’amministrazione Truman con l’ausilio di George Kennan con i sovietici.
Chi combatterà la battaglia? Lo Stato, che punta al controllo cyber di internet e che anima una campagna anticorruzione che può colpire qualunque funzionario, dai livelli di vertice a quelli distrettuali4.
A fronte dell’incremento della potenza globale cinese, bisogna considerare tuttavia anche l’instabilità del turbolento contesto internazionale. Il problema è che gli obiettivi cinesi coincidono con quelli del competitor americano; se è vero che l’immagine di Xi è quella di un leader all’apice della curva ascendente, è altrettanto vero che a fronte di una presa ancora più salda del potere con una verve assertiva più pronunciata in politica estera Xi, nell’evitare i colpi delle fazioni politiche opposte, potrebbe alzare la posta assumendo decisioni di rara gravità, quale potrebbe essere l’invasione di Taiwan.
La rivoluzione di Xi, di fatto, ha portato all’annichilimento delle riforme amministrative di Deng Xiaoping volte a separare le burocrazie dal PCC, evitando interferenze politiche su decisioni tecniche che hanno sortito l’unico effetto di indebolire l’esecutivo. Xi di fatto ha dato sostanza al manifesto programmatico presentato nel 2012 definendo rigorosamente lo stile di governo del Partito e rendendolo più efficace politicamente approfondendo i risvolti di disciplina interna.
Prima ancora che leader di partito Xi è un nazionalista, per cui bisogni ed interessi cinesi sono in cima alle priorità; tutto quanto accaduto dal 2017, dalla competizione commerciale con gli americani, alle critiche conseguenti alla repressione nello Xinijang e a Hong Kong, alla gestione della pandemia ed alle accuse circa la sua origine, non ha fatto altro che alimentare questa pulsione.
A chi giurare fedeltà? Al Partito o alla nazione Han? Oltre all’ideologia comunista si scorge un’ideale identitario che porta con sé portatori di interessi definiti, a cominciare dai principi rossi, passando per gli esperti di macroeconomia, per giungere ai militari. Marxismo cinese, capitalismo di Stato.
A proposito, l’economia. I dati economici relativi al terzo trimestre, attesi dagli analisti che prevedevano un calo della crescita, non sono stati pubblicati durante il Congresso. Lo stesso premier uscente Li Keqiang, delegato alle comunicazioni economiche, ha pronunciato un generico discorso programmatico, tenendosi distante, come Xi, dal fornire indicazioni più precise rivelatesi poi al ribasso, con una crescita del PIL inferiore alle attese. Di fatto, il sorpasso del Dragone a danno dell’Aquila americana viene sempre più spesso posticipato per effetto di tendenze economiche di lungo periodo determinate sia dalla pandemia e dalle rigide misure di contenimento, sia dalle distorsioni determinate dal mercato immobiliare. Secondo il metodo di valutazione più usato, guardando cioè l’ammontare totale del PIL in dollari, è evidente che quello cinese è ancora dietro rispetto all’americano: nel 2021 ha raggiunto i 17.700 miliardi di dollari a fronte dei 23mila5 a stelle e strisce.
La congiuntura economica cinese sta diventando difficile per ragioni strutturali: la crisi immobiliare non sarà momentanea e porterà ad effetti negativi più duraturi ed estesi; questo rende comprensibile perché la Cina stia riducendo i tassi di interesse mentre ovunque si alzano per combattere l’inflazione. Se la Cina praticherà ancora tassi di interesse più bassi, in particolare verso gli USA, si esporrà al rischio di fughe di capitali. Insomma, la fine del Congresso porta ad un quadro economico in cui la ripresa appare molto incerta.
Anche lo yuan cinese si è indebolito6 perché gli investitori hanno reagito ai rischi connessi alla nomina al potere dei lealisti di Xi, e sono stati confermati nei loro timori dalla pubblicazione dei dati economici prudentemente solo dopo la chiusura trionfale dei lavori. I mercati vedono la conquista del potere con processi decisionali concentrati come un indebolimento della crescita ed una destabilizzazione geopolitica, rafforzata dal fatto che Xi considera il settore privato come una minaccia al proprio dominio; per questo le organizzazioni di partito hanno conquistato le aziende private grazie a regolamentazioni antitrust e anticorruzione utili all’esproprio degli asset imprenditoriali.
Cosa attendersi dopo l’invasione russa, ed a fronte delle velleità cinesi? Un nuovo ordine mondiale forgiato dalla lotta per il potere. La Cina può accettare qualsiasi aspetto cooperativistico solo su un piano di parità con Washington che, se non realizzabile, porterebbe a formare un blocco eurasiatico, africano e nell’America Latina.
All’interno Xi ha perseguito sia le espressioni di dissenso ma anche il dibattito politico dissenziente, visto che qualsiasi critica viene vista come un segno di inanità, incompatibile con l’idea montante di nuova era cinese di suo stridente con le difficoltà della rigida politica di azzeramento dinamico dei contagi e con le turbolenze dei cambiamenti esterni dovuti alla crisi della globalizzazione ed all’unilateralismo. In 10 anni Xi ha finito di chiudere la Cina su sé stessa, ha creato vettori geopolitici come la BRI o la Digital Silk Road, con una base politico economica marxista leninista e, come dichiarato dall’ex premier australiano Kevin Rudd, con una politica estera nazionalista e di destra. Grande assente, come spesso accade, l’UE politica.
Conclusioni. Il prolungamento al potere di Xi non è una novità; Mao Tse-tung, come presidente del partito, ci è rimasto per circa 30 anni, Deng c’è stato come presidente della commissione militare: è solo cambiato il modo.
In ambito internazionale la Cina è comunque incorsa in errori: con la Russia, con l’Ucraina e con gli USA, che venivano dati erroneamente in declino irreversibile.
Anche gli alleati traballano: la Russia impegolata in una campagna militare sempre più difficile, e l’Iran assediato da una rivolta interna.
Il potere logora anche chi lo ha: le ultime performance economiche non sono state brillanti, ed assecondare i falchi che vogliono l’invasione del pantano taiwanese può essere pericoloso.
La Repubblica eremita di Pyongyang, infine, con il suo attivismo balistico, porterà Xi di fronte ad un bivio foriero di tensioni con NU e Washington, e con i paesi regionali pronti a colpire qualsiasi cedimento.
Se la Cina ha bisogno del mondo, bisogna capire se il mondo ha bisogno della politica aggressiva di Pechino che, mai come ora, sta producendo la necessità di aperture e partner verso l’Occidente; ma l’integrazione politico economica non è più così scontata, visto che Xi difficilmente potrà tenere contemporaneamente due diritture. Come sempre, è un problema di equilibrio che, in caso di soddisfacimento dell’ala pura e dura si tradurrà in un allontanamento dalle supply chain.
Il potere sta mutando. Pur essendone l’attuale detentore per Xi non sarà facile esercitarlo.
1 Xi ha modificato anche le procedure del Comitato Permanente; per la prima volta i suoi membri devono riferire al capo del Partito, unico controllore delle loro performances.
2 Di fatto è stato ripristinato il culto della personalità, bandito dalla costituzione. Dal 2016 Xi è appellato come leader centrale del Partito. Nel 2017 un cronista dell’agenzia statale Xinhua si è riferito a Xi con epiteti quali lavoratore diligente per la felicità del popolo, o architetto capo della modernizzazione nella nuova era. Si è anche proposta una collezione di frasi di Xi invitando il popolo alla loro memorizzazione, alla stregua del Libretto Rosso di Mao.
3 Prima di Xi il presidente e segretario era stato di fatto un primus inter pares. Durante il Congresso nazionale del 2017 il Partito Comunista votò per inserire all’interno della sua Costituzione Il pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era.
4 Dati desunti da The Diplomat, mostrano che tra dicembre 2012 e giugno 2021 sono state condotte investigazioni su 393 quadri dirigenziali, e su 631.000 funzionari distrettuali. Nel 2016 The Guardian ha pubblicato notizie per cui i Panama Papers riportavano conti offshore della famiglia di Xi.
5 Secondo Bloomberg si possono ipotizzare tre scenari: 1) la Cina farà le riforme; 2) un percorso più lento trascinato dalla riduzione demografica e dall’isolamento internazionale; 3) una crisi finanziaria.
6 Livello più basso dal 2007