I paesi baltici vedono la Federazione Russa come un pericolo. La Russia invece vuole essere riconosciuta come superpotenza globale. La NATO e la UE soppesano gli umori nella regione. Districarsi in un simile rebus non è facile e tutti gli attori si rendono ben conto di quanto sia delicata la situazione. In gioco ci sono fattori che vanno oltre il quadro locale, perché inglobano anche paesi lontani e che apparentemente non entrano in gioco.
Mosca non ha una opinione pubblica ostile in politica estera e ha un sistema politico diretto e chiuso, veloce e pragmatico che la rende determinata e l'area baltica è un caposaldo difensivo strategico. Nella sostanza può prendere decisioni veloci. Il Cremlino ha il controllo terra-cielo dei confini tra i più forti al mondo ed è Kaliningrad, enclave russa, l'epicentro di tutto il sistema difensivo locale (A2/AD anti-access/area-denial). Attorno all'enclave hanno visto, in risposta alla NATO, il seguente riposizionamento: missili Iskander-M (raggio max 500 km, nella foto); missili S-400, di difesa aerea a lungo raggio; missili Bastion di difesa costiera; missili Kalibr a lungo raggio. Tutti a copertura contro bersagli terra-mare. Inoltre, l'alta mobilità dell'esercito russo sulle lunghe distanze concretizza il rovesciamento numerico nell'area. Nel Baltico oltre a temere gli schieramenti missilistici, navali e terrestri inorridiscono all'idea della chiusura del corridoio di Suwalki, largo appena 65,5 km tra Kaliningrad e la Bielorussia (fortissima alleata della Federazione Russa), e la penetrazione di un pensiero critico e antagonista alla NATO. Mosca, invece, teme l'adesione alla NATO di Svezia e Finlandia. A fronte di tutto questo il Cremlino potrebbe usare la provocazione per arginare lo strapotere USA, pur cooperando su alcuni temi, ma evitando le situazioni che gli americani potrebbero interpretare come debolezza. Parte degli accordi tra USA e Russia per alcune aree del globo, tipo i programmi nucleari dell'Iran, si rifaranno alla situazione baltica.
Un rapporto intelligence, di un paese nordico, sostiene che la Russia potrebbe usare l'intelligence in maniera offensiva con operazioni ibride, informatiche e campagne di impatto per creare dissidi tra NATO e UE, indebolendo così la capacità di persuasione nei paesi cuscinetto della Russia.
Sono gli aspetti meno visibili ma più difficili da individuare che preoccupano gli analisti: media controllati, hackers, opinion leader, pubblica opinione avversa con temi cari al popolo (immigrazione, rapporti con gli stati UE, situazione del Mar Baltico). Allargando il raggio nell'area compresa tra Varsavia, Copenaghen, Stoccolma, Helsinki, in questo caso Danimarca, Svezia e Finlandia per come si muovono con la NATO vengono guardate con sospetto dalla Russia.
L'EFP (Enhanced Forward Presence) rafforza un po' la Polonia e i paesi baltici. Varsavia chiama 53.000 riservisti e 128 nuovi Leopard 2PL e investe $ 4,7 MLD nel sistema difensivo Patriot. La Lituania permette ai paramilitari di avere armi sofisticate: significa che l'apprensione è alta. In questa escalation la Russia si vede accerchiata e non deve mostrare debolezza. Quanto succede nel Mar Baltico ha riflessi anche in aree lontane come l'Artico (Danimarca). Se ad esempio la Danimarca rifiutasse il Nord Stream 2, per la Russia sarebbe azione pro Usa e dunque un pericolo.
I vettori USA non nucleari a lungo raggio e i missili della NATO spingono la Russia a dare priorità alle armi nucleari strategiche, come deterrente, e alle compensazioni economiche; senza tralasciare la difesa costiera a lungo raggio. Inoltre, Unmanned Aerial Vehicles (UAV), sistemi di comando e controllo e capacità di guerra elettronica sono notevolmente migliorati. Il Cremlino vede, negli ex territori sovietici, sfere di interesse e zone di sicurezza a difesa della sua profondità strategica in caso di conflitto militare con la NATO.
Kaliningrad è strategica. Tutto il dinamismo russo è finalizzato a creare un sistema difensivo in grado, eventualmente, di infliggere seri danni nell'area, a preservare il rifornimento all'enclave e a ridurre se non ad azzerare la mobilità regionale nel Mar Baltico. Il punto è strategico-politico: se si creasse la percezione di una riduzione di capacità di intervento nella NATO a sostegno dei paesi baltici, si metterebbe in seria crisi la volontà della stessa ad intraprendere iniziative tese a danneggiare la supremazia russa in ambito regionale.
Svezia e Finlandia sono sotto osservazione costante della Russia per l'eventuale adesione alla NATO, che verrebbe inteso come una forte stretta al collo. La questione sociale delle minoranze etniche linguistiche russe dell'Estonia (28%), Lettonia (33%) e Lituania (9%) da parte della Russia che le vede come parte della sua sfera storica di interesse, merita di essere approfondita. La Federazione Russa ha perso la sua influenza diretta in quanto aderenti alla NATO e alla UE. E questo è il vero problema, per i tre piccoli stati baltici, perché potrebbero profilarsi all'orizzonte fermenti di opinione pubblica pro-Russia che potrebbero animare la politica locale. Questo garantirebbe al Cremlino la possibilità di indebolire il fronte interno della compattezza pro-NATO e UE. Ma non solo, perché all'occorrenza la Marina Militare russa ha condotto attacchi simulati contro le navi da guerra occidentali: è ancora vivo il ricordo dell'attacco simulato contro la nave danese Esbern Snare, gennaio 2018, che portava i contributi EFP all'Estonia.
Dunque, i paesi baltici si stanno trovando al centro della strategia difensiva russa che mira all'influenza regionale pur fuori dai confini nazionali e la linea strategica parte proprio dal Baltico fino al Mar Nero. La situazione in Ucraina ha fatto da volano alle richieste di Estonia, Lettonia e Lituania per avere l'impegno di difesa collettiva della NATO, ma le possibilità di un attacco russo ai tre paesi baltici è al momento fuori discussione, perché l'obiettivo è solo quello di levare credibilità alla NATO.
(foto: MoD Fed. russa / Polish Armed Forces)