Quanti ricordano la petroliera russa usata lo scorso inverno per impedire il transito attraverso lo stretto di Kerch? Molti italiani, probabilmente, no perché tutto quello che non si può descrivere in termini calcistici ci interessa poco. Gli Ucraini e i Russi, per motivi opposti, se la ricordano molto bene.
Lo scorso inverno - strategicamente posizionata sotto il basso ponte tra la Crimea e la Federazione Russa - fece conoscere al mondo la crisi del mare di Azov: la Russia, affermando la propria sovranità sul ponte e sulle acque circostanti e per questo sottoponendo a snervanti controlli tutte le navi in transito da e per detto mare, aveva di fatto strangolato, secondo Kiev, la città portuale di Mariupol, con grande danno per l’export metallurgico ucraino.
Evidentemente, come quando ci si segna il numero di targa di un autoveicolo che ci ha danneggiati, nell’Ucraina del neopresidente Volodymyr Zelensky, si erano ben impressi nella mente la petroliera russa Neyma, nel frattempo ribattezzata Nika Spirit ma ancora perfettamente riconoscibile anche semplicemente monitorandola sui principali siti web di tracciamento delle imbarcazioni. È successo così che una volta capitata, non si sa per quale errore strategico, a portata di mano, in territorio ucraino, nel porto di Ismail, unico distretto dell’Ucraina occidentale e meridionale che nelle recenti elezioni parlamentari ha votato per il Blocco dell’Opposizione vicino al Cremlino, i servizi segreti e la procura generale ucraini l’hanno presa al volo e trattenuta abbastanza da far scatenare le proteste e le minacce dei deputati della Duma e del Cremlino.
L’obiettivo, a una prima analisi, era politico: inviare un messaggio a Mosca per far sapere che anche l’Ucraina del giovane leader proveniente dal mondo dello spettacolo può danneggiare gli interessi russi. Insomma, è un po’ come se, invece che abbaiare alla luna di fronte alle imbarcazioni di ONG che violano le acque territoriali italiane, il ministro Salvini avesse il potere di farle sequestrare una volta riapparse in un porto italiano, anche senza clandestini a bordo. Una cosa, però, è avere il potere di compiere un’azione, magari per saggiare la reazione dell’avversario, un’altra e far precipitare una crisi internazionale. Zelensky si è limitato a “prendere le misure” al Cremlino e ha rilasciato presto la nave e l’equipaggio.
Da segnalare, infine, l’arrivo di un convoglio di rifornimenti russi per le regioni separatiste, dopo il transito attraverso la regione di Rostov, e la presenza di un aereo spia americano senza pilota nei cieli dell’Ucraina orientale, ovviamente impegnato a monitorare le azioni e a cercare di prevedere le intenzioni della Russia. Alla faccia di chi, in Italia, crede ancora che sia possibile giocare a fare i migliori amici di Mosca - e non solo interlocutori politici e commerciali seri - e al contempo continuare a promettere eterno amore a Washington…
I venti di una nuova guerra fredda non sono affatto finiti col passaggio da Barak Obama a Donald Trump: è solo cambiato lo stile. È possibile accorgersene seguendo gli avvenimenti nel Donbass.