Dall’esplosione dell’emergenza Coronavirus, la Corea del Sud si è progressivamente presentata sul palcoscenico internazionale come modello vincente per la lotta contro la pandemia. Tracciabilità, grazie all’uso della tecnologia, e test a tappeto: sono questi i punti su cui verte la strategia di contrasto al virus adottato dai coreani.
Andiamo con ordine. La Corea si sta dimostrando in grado, con il suo modello, di contenere il numero di contagiati a poco più di 10.000 e quello dei decessi a poco più di 170. In Italia, come tristemente noto, il numero di contagiati è alle soglie dei 120.000 mila, mentre il numero di decessi per Coronavirus ha quasi raggiunto i 15.000 (dati aggiornati al 4 aprile1).
Certo, la Corea parte da una posizione di vantaggio: nel 2015, infatti, il Paese è stato duramente colpito dalla Mers, un altro coronavirus nato del Medio Oriente.
Per evitare che quella tragedia si ripetesse in futuro, la Corea del Sud ha riformato il suo sistema sanitario, adottando protocolli più snelli e veloci nel dare risposta a emergenze del genere. Quindi, il COVID-19 ha avuto a che fare con un sistema sanitario già pronto a fronteggiare la sua diffusione e arrestarla in breve tempo. E così è stato.
A questo, la Corea del Sud ha unito test a tappeto, che hanno consentito di individuare immediatamente i contagiati asintomatici e isolarli prima che potessero trasformarsi in una “bomba a orologeria”.
Sin dai primissimi giorni, le autorità sudcoreane hanno condotto oltre 20mila test al giorno in 500 cliniche specializzate, con risultati restituiti in 6 ore o poco più. Ciò ha consentito di mettere subito in allarme le autorità nel caso in cui un cittadino fosse risultato positivo.
Il ruolo dello smartphone
Un ruolo di primaria importanza, però, è stato giocato dagli smartphone. Grazie alla geolocalizzazione dei dispositivi mobili, infatti, il Governo è stato in grado di monitorare gli spostamenti dei cittadini e, in caso di test positivo, risalire immediatamente ai contatti dei giorni precedenti.
Questo ha evitato che le persone potessero andare liberamente in giro a contagiare altri cittadini, contenendo fortemente il potenziale infettivo del virus.
Nel momento in cui le cose sono iniziate a peggiorare, il governo ha messo in atto il programma di test più ampio e ben organizzato al mondo, combinato con ampi sforzi per isolare le persone infette e rintracciare o mettere in quarantena chi vi era entrato in contatto. Secondo le stime, la Corea del Sud ha esaminato quasi mezzo milione di persone.
La geolocalizzazione effettuata tramite smartphone si è rivelata un’utilissima strada per contenere e isolare il virus. Ma, come è evidente, una decisione del genere porrebbe non pochi problemi nell’Europa finora sempre attenta e sensibile alle questioni relative al diritto alla privacy dei cittadini. Diritto che, in nome della sicurezza pubblica, verrebbe oggettivamente compresso.