Parte rilevante dei mutamenti coinvolgenti il panorama geopolitico generale degli ultimi 20 anni riguarda i rapporti intercorrenti tra centro e periferia o, secondo un’accezione internazionalistica più recente, le relazioni tra potenze egemoni e global south. Sotto la spinta del parziale declino statunitense, se da un lato si è accresciuto il dinamismo sino russo, dall’altro i Paesi del global south si sono rivolti verso un significativo opportunismo politico, economico e diplomatico, confermando una tendenza che, pur non ignorando la bipolarizzazione del sistema, porta a rilevare una sempre più diffusa politica della mano libera o, se si preferisce, del multi allineamento, quella delle partnership pluridimensionali in grado di assicurare interessi variabili e contingenti.
Il grande gioco si sviluppa dunque biunivocamente nel sostegno egemonico globale verso le istanze locali che si avvantaggiano dalle politiche di più ampio respiro, accentuando un’anarchia che trae spunto sia dall’incoerente allineamento delle tematiche globali con quelle locali, sia dalle reminiscenze storiche, come quelle giapponesi nell’Indo Pacifico che, almeno per il momento, ostacolano la formazione di alleanze politico militari durevoli.
Le Filippine sono un Paese economicamente in potenziale sviluppo, strategicamente inserito nel castone di una regione dinamica, che associa concrete possibilità di crescita ad evidenti limiti strutturali resi più complessi dalla natura arcipelagica1 che richiede la sicurezza delle SLOC (Sea Lines Of Communication), che esalta problemi di connettività, permeabilità confinaria, contenziosi marittimi. Manila deve dunque fronteggiare crisi endogene, determinate sia da insorgenze estremiste sia dal latente pericolo rappresentato dalla jihad islamica2, ed esogene, innescate dall’assertività cinese causa dei conseguenti attriti con Washington nel Mar Cinese Meridionale, un contesto che induce sia alla corsa agli armamenti sia ad assicurarsi l’accesso alle risorse marine.
Già dal 2018 le Filippine hanno annunciato un inedito incremento quantitativo e qualitativo di Marina e Aeronautica, volto a tutelare territorio nazionale e ZEE, con un innalzamento del budget di almeno il 2% del PIL dopo un periodo caratterizzato da una spiccata controtendenza. È del resto inevitabile per Asean3 e Filippine doversi destreggiare tra l’aggressivo partner commerciale cinese e l’istituzionale presenza americana, ambedue interpreti di una competizione pronta a divampare nel Mar filippino orientale.
Il problema è più profondo di quanto non appaia, visto che all’auspicata libertà di navigazione americana nell’area non si accompagna analoga ed ampia dimensione economica, specie dopo il ritiro dal Tpp4, una dimensione sostenuta invece da Pechino con la proiezione geopolitica della BRI che tuttavia non cancella la disputa connessa alle Isole Spratly nel Mar Cinese Meridionale, vicino le quali sono state rinvenute grosse risorse idrocarburiche, in un’area strategica per il controllo delle rotte da e per lo stretto di Malacca.
Economicamente, dopo la contrazione del 20205, l'economia filippina ha avuto un rimbalzo del 5,7% a fine 2021, e del 7,8% nella prima metà del 2022 grazie alla domanda interna ed agli investimenti privati, con un aumento dell’inflazione correlato al costo delle materie prime, e con una prospettiva di rallentamento del PIL, dovuto alla generale incertezza del momento che richiede a Manila di procedere a riforme strutturali anche alla luce dell’aumento dei tassi di interesse. Recentemente il FMI, rispondendo ad una richiesta del Bangko Sentral ng Pilipinas (BSP), ha fornito assistenza per trovare le lacune normative, puntando all’ottimizzazione dell'iniziativa politico-economica ed all’implementazione di un regolamento in sinergia con il comparto industriale. Da ricordare comunque che, secondo un rapporto della Banca Mondiale, solo il 50% della popolazione detiene il 14% della ricchezza nazionale, e che persistono forti diseguaglianze sociali che annullano le buone performance economiche.
Particolare attenzione va poi prestata ai lavoratori all’estero, gli Overseas Filipino Worker, che con le loro rimesse raggiungono i 33 miliardi di dollari, una somma pari al 10% del PIL; elaborare una migliore integrazione migratoria con Pechino avrebbe potuto agevolare Manila solo nel breve termine dato che le rimesse contribuiscono al reperimento di valuta pregiata (dollari) indispensabile per mantenere la stabilità finanziaria sostenuta dal legame con gli USA che agevola gli investimenti occidentali, ma favorisce al contempo un’accentuata vulnerabilità.
L’area non è immune dal jihadismo; l’estremismo islamico minaccia l’Asia, sostenuto da difficoltà economiche, corruzione, frammentazione sociale che hanno contribuito all’insorgenza delle correnti legate ad al Qaeda e all’Isis. La globalizzazione ha dato nuovi spunti ad estremismi che, sinergicamente ai punti di faglia indipendentisti, sono divenuti le cantere del terrorismo, come nelle Filippine meridionali, tra Mindanao e Marawi, oggetto nel 2017 di scontri durissimi.
Politicamente le Filippine hanno assistito, dopo la presidenza Duterte, che ha maldestramente e troppo tardi tentato di riprendere i rapporti con gli USA, al ritorno della famiglia Marcos, rappresentante di una media potenza con limitate capacità di iniziativa. Il ritorno di Marcos alle relazioni con gli USA non è stata una decisione sorprendente. Il tratto finale del mandato di Duterte aveva infatti già reso evidente il fallimento delle politiche pro-Cina.
Oltre ad economia e clima, gli interessi regionali si volgono verso la necessità di sicurezza, garantita dalla rinnovata presenza di Washington che, realisticamente, ha concesso l’immunità diplomatica a Marcos Jr, nonostante i contenziosi pendenti a suo carico negli USA.
Pragmaticamente, gli Stati Uniti hanno bisogno di un arcipelago filippino allineato, stabile, nel contesto della competizione strategica con la Cina. Molto attentamente, Marcos ha ribadito la sovranità territoriale filippina sulle isole contese6 con la Cina non spingendosi però oltre aspetti di ordinaria amministrazione alla luce del fatto che Pechino rifiuta di ottemperare a sentenze arbitrali specifiche. Sembra evidente l’intenzione di voler ingaggiare Pechino in un dialogo più ampio senza però concedere troppo, come improvvidamente fatto da Rodrigo Duterte comunque ancora politicamente rappresentato, e presumibilmente protetto7, dalla vicepresidente Sara Duterte. Le negoziazioni tentate da Rodrigo Duterte per mitigare gli attriti circa le pretese cinesi su atolli e isolotti8 in prossimità delle isole filippine di Palawan e Luzon nel Mar Cinese Meridionale, non hanno evitato né svariate azioni di disturbo9 a danno di pescatori filippini né la costruzione di installazioni artificiali tanto da sfociare in una disputa dinanzi alla Corte Arbitrale Permanente dell’Aja che10, sulla base di quanto disposto dalla Convenzione ONU sul Diritto del Mare, ha sancito la sovranità territoriale di Manila sugli atolli stessi in quanto parti della ZEE filippina. Duterte, tuttavia, ha preferito non far valere la sentenza privilegiando un dialogo bilaterale asimmetrico e privo di aspetti paritari, visto che la Cina può permettersi di tenere aperte negoziazioni economiche non rinunciando al controllo degli atolli, incoraggiando qualsiasi iniziativa possa mantenere lo status quo senza concedere nulla.
Quel che interessa ora sono le lacune di indirizzo politico dell’amministrazione Marcos, con le relazioni internazionali sostanzialmente assenti dalla sua campagna elettorale, benché ci si attenda il perpetuarsi della continuità nei rapporti con Washington11, a cui non a caso sono seguite tensioni ed azioni di disturbo da parte di Pechino. Terminato l’appeasement nei confronti cinesi, sarà fondamentale trovare nuove soluzioni che coinvolgano anche gli altri Paesi messi a rischio dall’espansionismo cinese, non da ultimo, fin dal 1996, Taiwan, possibile ispirazione per un’invasione simile a quella ucraina, che dista non più di 160 miglia dalla regione filippina di Luzon.
Se Pechino e Taipei giungessero a conflitto le Filippine non potrebbero sfuggirne le conseguenze. Non a caso Marcos Jr. ha dichiarato che le quattro basi militari incluse nell'Accordo di cooperazione rafforzata con gli USA (EDCA12) saranno dislocate fino alla provincia di Palawan, vicina al Mar cinese meridionale13 con le inevitabili implicazioni strategiche regionali. Se EDCA si estendesse fino ad includere alcune basi di fronte a Taiwan, queste ultime diverrebbero uno dei più importanti elementi strategici americani, un unicum nelle iniziative securitarie con al centro gli USA14, rappresentati dal Segretario di Stato Blinken, che intende normalizzare le relazioni rese altrimenti instabili dalla Presidenza Duterte.
La competizione tra Cina e USA, impegnati nella conduzione di ripetute FONOP15, preoccupa Manila: mentre un allontanamento americano lascerebbe le Filippine prive di capacità difensive, l’Arcipelago sta tentando di realizzare un perimetro di alleanze regionali alternative alla dipendenza dagli USA alla luce del fatto che per Pechino è fondamentale disporre di accessi illimitati nel Pacifico, dato che è una potenza esportatrice e che la sua posizione rispetto a Taiwan e Filippine la rende vulnerabile a un blocco statunitense. Questo ha determinato per la Cina due possibilità: o affrontare uno scontro navale con gli USA, o spostare il focus verso le Filippine, rischiando comunque di minare posizioni internazionali e postura interna.
Manila conserva un ruolo tattico chiave in ambito regionale, dato che la capacità geografica di contrattacco che le Filippine offrono agli USA è superiore a quella di Okinawa o a quella thailandese16.
Il cambiamento strategico potrebbe tuttavia essere solo l'inizio di variazioni più ampie, con la presenza di Giappone17, Corea del Sud, Singapore, India18 ed Australia, ed il termine del mandato di Marcos entro il 2027; da notare l’interesse di Parigi, che controlla Nuova Caledonia, Wallis, Fortuna, Guyana, nell’assicurare l’ammodernamento della Marina Filippina grazie ad un partenariato che agevoli l’acquisto di equipaggiamenti transalpini, anche alla luce della propria Indo-Pacific Strategy. Declinata l’opportunità di fornire sottomarini alla Marina Australiana, Parigi prova a rivolgersi ad altre piccole e medie potenze per affermare la propria presenza regionale.
Vale la pena notare come le Filippine, pur con budget ridotti, abbiano il bisogno di rafforzare la propria Marina per garantire una minima capacità di pattugliamento e deterrenza d’area, e come due Paesi europei abbiano avanzato la loro partecipazione ai progetti di potenziamento: Francia e Svezia19, che dispongono di tecnologie e know-how adatti, utili peraltro per diversificare le forniture americane. Rimane da vedere se le promesse si concretizzeranno in impegni effettivi, pur nella considerazione che le potenze europee dimostrano di non voler rimanere in una posizione discosta d quella delle vicende indo-pacifiche.
I Paesi che si affacciano nell’area del Mar cinese meridionale rimangono generalmente instabili dal punto di vista politico interno, mentre da quello strategico è possibile verificare come la possibilità di oscillazione tra gli interessi delle superpotenze egemoniche si restringa in funzione della posizione geografica; ciò porta a considerare come la vicinanza geografica alla Cina aumenti drasticamente i rischi di tale oscillazione, caratterizzando di volta in volta politiche ambivalenti (Malesia e Singapore) e debacle strategiche.
Le Filippine si trovano nella posizione geografica più difficile, con l’arcipelago di Palawan nel Mar Cinese Meridionale con la costa settentrionale di Luzon che, quale isola più grande ed economicamente attiva, oltre che ospitare la capitale Manila, punta a nord verso Taiwan ma è fronteggiata da isole naturali ed artificiali controllate da Pechino.
Il problema filippino è consistito, negli ultimi anni, nell’aver fornito risposte scoordinate ed influenzate da retoriche anti-colonialiste e nazionalistiche che hanno oscillato tra la chiusura delle basi militari USA nel 1992 ed il predominare delle prerogative e degli interessi delle élite sugli interessi nazionali. Rimane così comprensibile il passaggio tra la politica filo americana di Benigno Aquino e l’appeasement filo cinese di Rodrigo Duterte. Se da un lato lo schierarsi apertamente per gli USA innalza le probabilità di essere coinvolti in un conflitto, dall’altro il prezzo richiesto da Pechino si dimostra troppo alto, senza contare l’instabilità attorno a Taiwan che richiede un ombrello protettivo che solo gli USA, con una deterrenza credibile minima, sono in grado di assicurare; insomma, due fronti di difficile sostenibilità.
Necessaria dunque la modernizzazione delle forze armate filippine; mentre gli USA possono sostenere le capacità di deterrenza, spetta a Manila far rispettare la sua sovranità sia aumentando la capacità di prevenire le azioni ostili sia influenzando il processo decisionale di Pechino.
In questo contesto la Marina assurge ad un ruolo significativo; Arma estremamente complessa e tecnologica, anche Manila ne ha riscoperto l’importanza puntando a nuovi allestimenti a cura degli impianti sudcoreani Hyundai Heavy Industries con due corvette HDC-310020 o fregate leggere multiruolo da 3.100 tonnellate, che dovranno costituire l’ossatura della Marina filippina; da rammentare in questo contesto i missili MBDA Mistral 3 (SAM) che fanno parte del progetto di acquisizione assegnato a MBDA Missile Systems.
Di rilievo l’immissione in servizio di unità di interdizione ed attacco rapido allestite in Israele da Israel Shipyard Limited, note come Shaldag Mark V. Le unità formeranno la Littoral Combat Force che avrà il compito di proteggere le SLOC interne all’arcipelago filippino.
1Più di 7.000 isole con un confine marittimo superiore ai 36.000 chilometri.
2 La stabilità è stata messa a rischio dalla presenza di numerosi gruppi armati: New People’s Army, Rajah Solaiman, il qaedista Abu Sayyaf.
3 A partire dal WEO di aprile 2023, l'ASEAN-5 comprende i cinque paesi membri fondatori dell'ASEAN (Associazione Nazioni Sud-Est asiatico): Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Thailandia.
4 Partenariato Trans Pacifico
5 L'aumento dell'indebitamento asiatico ha aumentato l'esposizione regionale all'aumento dei tassi di interesse e all'accresciuta volatilità del mercato. L'indebitamento della regione è al di sopra dei livelli precedenti alla crisi finanziaria globale. Mentre ci aspettiamo che la crescita dell'Asia regga le banche centrali potrebbero mantenere tassi alti più a lungo per contenere l'inflazione inasprendo le condizioni finanziarie. Cina, India e Thailandia hanno avuto concentrazioni di debito societario in imprese con tassi di copertura degli interessi inferiori a uno con forte suscettibilità di default. Filippine, Malesia e Hong Kong avevano grandi quote di debito in società con rapporti di copertura appena superiori a uno, potenzialmente suscettibili di default con l'aumento dei costi di finanziamento.
6 Spratly
7 Vd. violazioni dei diritti umani ed esecuzioni extragiudiziali durante la cd. guerra alla droga
8 Spratly Islands e Scarborough Shoal; sul piano militare, il controllo di Spratly, Paracels e altri arcipelaghi consentirà a Pechino di minacciare direttamente le isole presidiate da forze Usa e giapponesi che si estendono dal Giappone fino a Taiwan e alle Filippine e che chiuderebbero alla flotta di Pechino l’accesso all’Oceano Pacifico.
9 Da ricordare che per il controllo del Mar Cinese Meridionale Pechino ha già combattuto in due occasioni: 1974, battaglia per le isole Paracels, tra Cina e Vietnam e terminata con una vittoria cinese che stabilì il controllo di fatto sull’arcipelago; 1988, battaglia per le isole Spratly, durante cui la Marina cinese affondò una nave da trasporto vietnamita intenta a sbarcare truppe.
10 Secondo la Corte la Cina non vanta alcun diritto storico sul mar Cinese meridionale e la costruzione arbitraria di infrastrutture ed atolli costituisce violazione del diritto internazionale. La Cina ha dunque violato diritti e sovranità nazionale delle Filippine La decisione del Tribunale del Mare basata sulla Unclos sottoscritta dai cinesi nel 1996, dovrebbe essere vincolante anche in assenza di strumenti per imporre la decisione.
11 Le Filippine sono uno dei Paesi della rete di alleanze statunitensi nel Pacifico, chiamato Sistema di San Francisco.
12 siglato nel 2014 in risposta ad incidenti in mare tra la Guardia Costiera Cinese e imbarcazioni filippine, nonché alla costruzione di installazioni artificiali nella Zona Economica Esclusiva di Manila.
13 Secondo fonti filippine, gli USA hanno chiesto l'accesso a basi a Isabela, Zambales e Cagayan, nell'isola di Luzon, rivolta a nord verso Taiwan, e una a Palawan, nelle Filippine Sud-occidentali, non lontano dall'atollo delle Spratly.
14 Le esercitazioni Balikatan (“spalla a spalla” in Tagalog) tra Filippine e USA è da sempre un indicatore dello stato dell’alleanza del 1951 in cui le Filippine furono integrate nel Sistema di San Francisco, o hub and spoke. La percezione di una minaccia alla sovranità marittima da parte della Cina e l’assenza di rassicurazioni circa le dispute territoriali nel Mar Cinese Meridionale, hanno spinto il governo Marcos Jr. verso l’ombrello offerto da Washington. Le esercitazioni sono state viste come war games marittimi indirizzati a testare l’utilizzo filippino delle nuove fregate missilistiche, dei caccia FA-50 coreani, degli elicotteri da combattimento, con i test filippini sui pezzi di artiglieria mobile tra cui l’Howitzer 101 e 155mm, ed test americani sui sistemi HIMARS, Patriot, Avenger e M29.
15 Freedom of Navigation Operations
16 Diane A. Desierto, docente di Legge e Studi Internazionali presso l’Università di Notre Dame. Gregory B. Poling, direttore del Southeast Asia Program presso il Centro degli Studi Strategici di Washington, ha inoltre evidenziato l’interesse di Manila nei confronti di Taiwan per la presenza di quasi 200mila filippini sull’isola
17 è stato firmato un contratto di fornitura militare per un sistema di difesa radar anti aerea dalla Mitsubishi Corp
18 Nel 2022 è stato finalizzato l’acquisto di missili supersonici prodotti dalla Società indiana BrahMos tramite un accordo intergovernativo con l’India (c.d. Government-to-Government Agreements o G2G) del valore di circa 370 milioni di dollari. Tale investimento rientra nel programma di ammodernamento per dotarsi di minime capacità di deterrenza entro il 2028. Le ragioni per cui il Brahmos è rilevante sono tattiche e strategiche, dato che il missile ha un raggio di azione che consentirebbe di raggiungere le installazioni nell’isolotto di Mischief Reef nel Mar Cinese Meridionale, rendendo vulnerabile un’installazione cinese nell’area. È interessante notare come si tratti di un sistema non americano, per cui l’India si inserisce come partner nel contenimento dell’espansionismo cinese nel Mar Cinese Meridionale.
19 Una delegazione militare filippina recatasi in Svezia ha acquisito notizie relative ai velivoli di sorveglianza ed allarme radar precoce Saab 2000global AEW&C e GlobalEye dotati di radar Erieye nonché al caccia bombardiere Gripen C/D che Stoccolma potrebbe sostituire con la versione più potente Gripen E/F. Le Filippine, interessate a costituire uno squadrone di caccia bombardieri supersonici, stanno valutando l’acquisto del velivolo svedese o dell’F-16 americano, oltre che a potenziare la linea di FA-50 coreani.
20 Le HDC-3100 avranno una lunghezza di 116 metri, larghezza di 14,9 metri e pescaggio di 3,7 metri, un’architettura CODAD (Combined Diesel And Diesel) con 4 motori diesel per una velocità massima di circa 25 nodi ed un’autonomia di 4500 miglia a 15 nodi. Sistema di comando e controllo Hanwha Systems Naval Shield collegato al radar multifunzione EL/M-2258 ALPHA a scansione elettronica (AESA) 3D prodotto dall’israeliana IAI-ELTA e collegato al sistema IFF; sonar attivo/passivo a scafo a frequenza medio-bassa, cortina sonar trainata, radar di navigazione e ricerca di superficie Hensoldt SharpEye Mk11 ed ai data link 16 per operazioni aeree e 22 per operazioni marittime nonché ai sistemi di guerra e protezione elettronica installati. Armamento: 1 cannone 76/62 mm di Leonardo, 1 CIWS da 35 mm, 4 mitragliatrici pesanti da 12,7 mm, 2 lanciasiluri tripli da 324 mm, un sistema di lancio verticale (VLS) a 16 celle e 2 lanciatori quadrupli per missili antinave.
Foto: U.S. Navy / Google Earth