La corsa allo Spazio di India e Cina

(di Renato Scarfi)
10/05/24

Le Forze Armate del mondo hanno cominciato a guardare allo spazio con crescente interesse. Un dominio prima riservato a pochissimi paesi, compresa l’Italia va sottolineato, perché era indispensabile essere padroni di quelle elevatissime capacità tecnologiche, indispensabili per poter avere accesso allo spazio e per posizionare in orbita il carico utile, che fosse a scopo scientifico, commerciale o militare (leggi articolo “Spazio, la nuova frontiera”).

Il progresso e la diffusione della necessaria tecnologia, invece, permette oggi l’accesso allo spazio da parte di un maggior numero di utenti e la comparsa sul mercato di intermediari commerciali di servizi spaziali consente anche a paesi che non hanno particolari capacità tecnologiche di usufruire dei servizi delle reti satellitari, sia a scopo civile che militare (informazioni, trasmissione dati, comunicazioni, posizionamento…). Caso tipico è l’utilizzazione della rete Starlink da parte dell’Ucraina, che ha così sostituito la propria rete, neutralizzata dalle Forze russe nei momenti iniziali dell’aggressione.

Ciò ha confermato che gli strumenti per rispondere alle sfide alla sicurezza hanno ormai superato i limiti di quella che era considerata fantascienza e sono dipendenti in maniera sempre più intima dal collegamento con le costellazioni di satelliti in orbita.

Non è un caso, quindi, che le principali potenze “emergenti”, India e Cina, cerchino di accedere allo spazio per acquisire vantaggi strategici, sia nel settore commerciale ma soprattutto nel settore militare. Non è un mistero, infatti, che i due paesi abbiano molti motivi per non sentirsi particolarmente amici.

All’esito positivo del lancio indiano che, con la missione Chandrayaan-3 (foto apertura), ha portato il lander "Vikram" (foto) e il rover "Pragyan" nella regione del polo sud lunare, sta rispondendo la Cina con il recente lancio (3 maggio) della missione spaziale Chang’e-6, che ha lo scopo di riportare sulla Terra due chili di detriti lunari provenienti dalla faccia nascosta della Luna. Nei circa 50 giorni di prevista durata della missione Pechino esplorerà, quindi, il lato a noi nascosto del nostro satellite. Un “The dark side of the moon” in versione sino-pachistana, dato che a bordo della sonda è installata anche tecnologia di Islamabad (Iqube-Q)i, impiegata per le riprese. Una doppia sfida all’India, quindi, che va letta anche alla luce dei non proprio idilliaci rapporti tra New Delhi e i due paesi confinanti.

Vediamo, quindi, quali azioni stanno mettendo in atto per superarsi e per assicurarsi un posto tra le stelle ... con particolare attenzione alle questioni geopolitiche e militari.

India

L’India si interessa di missioni oltre l’atmosfera fin dagli anni ’60 e, nel 1969, ha costituito la Indian Space Research Organisation (ISRO), che ha sede nella città di Bangalore. Fino al 2000 il programma spaziale indiano si è sviluppato con lentezza ma, negli ultimi anni, la crescita tecnologica del paese ha consentito di investire risorse più ingenti e di accelerare l'implementazione dei progetti a scopo civile e militare. Tenuto conto degli attriti esistenti con la Cina (e con il Pakistan), la corsa indiana allo spazio è anche politicamente e strategicamente un modo per affermare la propria autorevole presenza in questo delicato dominio.

La patria di Gāndhī si è, quindi, assegnata l’obiettivo dichiarato di diventare la quarta nazione a inviare autonomamente esseri umani nello spazio. Il 21 ottobre 2023 è stato, pertanto, lanciato il razzo monostadio L40 (44 t per 4.520 kg di carico utile) dal centro Satish Dhawanii (isola di Sriharikota, nel sudest indiano).

Il volo di prova aveva lo scopo di verificare, tra gli altri, il funzionamento del sistema di emergenza e del Crew Escape System (CES) della capsula Gaganyaan (“veicolo celeste” in sanscrito - foto). Il viaggio di cosmonauti indiani verso la Luna, obiettivo di medio termine, dovrà però necessariamente essere preceduto dall’esperienza di voli orbitali di lunga durata, magari partecipando ai programmi sulla Stazione Spaziale Internazionale (SSI). Nel frattempo, lo scorso giugno 2023 New Delhi ha firmato gli “Accordi di Artemide”iii (l’Italia ha firmato nel 2020), cui partecipano ben 37 paesi, che riguardano le regole generali dell’esplorazione spaziale e di preparazione al ritorno dell’uomo sulla Luna, allo scopo di stabilirvi una presenza permanenteiv.

Il primo volo di esseri umani con un vettore indiano potrebbe, tuttavia, essere solo il primo passo di una politica spaziale estremamente ambiziosa i cui attuali obiettivi, come ha sottolineato il primo ministro Narendra Modi, sono la costruzione di una stazione spaziale indiana entro il 2035 e l’invio di astronauti sulla Luna entro il 2040. In tale ambito, nel corso di una sua visita al centro spaziale Vikram Sarabhai (Trivandrum, Kerala) lo scorso 23 febbraio, Modi ha presentato i primi quattro astronauti (tutti militari) selezionati per il citato programma Gaganyaan.

Anche l’allunaggio della sonda Chandrayaan-3 nell’agosto 2023 si inserisce in questo percorso di avvicinamento indiano allo spazio e ha permesso, come detto, di arrivare a toccare il polo sud lunare, area mai esplorata da USA, Russia o Cina. Il passo successivo sarà quello di cercare un sistema per poter ridecollare dal suolo lunare per portare sulla Terra campioni di roccia da esaminare. A questo dovrebbe provvedere la missione Chandrayaan-4, al momento prevista per il 2028. Nel frattempo, in partenariato con l’Agenzia spaziale giapponese (Japan Aerospace eXploration Agency - JAXA), si proseguirà l’esplorazione del polo sud lunare, nel quadro della missione Lunar Polar Exploration Mission (LUPEX). La collaborazione tra i due paesi asiatici prevede la costruzione da parte indiana del lander lunare, mentre il Giappone fornirà il lanciatore e il rover lunare da 350 kg.

Per portare sempre maggiori carichi utili nello spazio l’India sta, inoltre, provvedendo a costruire un lanciatore di nuova generazionev e dalle capacità decisamente superiori a quelle dell’attuale LVM3, dato che al momento esso non permette di posizionare che un carico utile di sole 8 t su orbite basse o di inviare le 3,9 t della sonda Chandrayaan-3 verso la Luna. Il lanciatore di nuova generazione, che non sarà pronto prima del 2030, dovrebbe essere riutilizzabile (per i primi due stadi), avere una massa di circa 700 t e portare un carico utile di 18 t in orbita bassa e di 7,5-10 t in orbita geostazionaria, con costi che variano tra 1.900 USD/kg e 3.000 USD/kg per la messa in orbita del carico utile.

Nel settembre 2013, è stato inoltre lanciato il primo satellite multibanda realizzato dalla ISRO per scopi esclusivamente militari (Gsat-7), che garantisce un affidabile e autonomo scambio dati con le unità della Marina in alto mare, svincolando New Dehli dai servizi satellitari stranieri e ottenendo uno strumento compatibile con le moderne risorse militari, incluse le future forze subacquee strategiche, create per garantire una dissuasione nucleare credibile (leggi articolo “L’India guarda verso il mare”)

Nell’agosto 2015 è poi entrato in servizio il satellite per telecomunicazioni Gsat-6, necessario per rendere sicura e di buona qualità la comunicazione militare lungo i più di 15.000 km del variegato confine terrestre, caratterizzato da deserti, alte montagne, ecc…. Per gli scopi dell’Aeronautica nel dicembre 2018 è stato, infine, lanciato il Gsat-7a (foto), per offrire una connessione costante con tutte le basi aeree del paese.

Relativamente ai sistemi di posizionamento, sentita necessità del momento, New Delhi ha realizzato l’Indian Regional Navigation Satellite System (IRNSS), sistema regionale costituito da una costellazione di sette satelliti che offre servizi civili standard e militari (crittografati) di elevata precisione.

Nel marzo 2019, infine, va registrato il successo di un test di neutralizzazione di un satellite in orbita, che ha aperto la strada all’acquisizione di capacità controspaziali.

L’attuale sforzo spaziale indiano, in estrema sintesi, lascia intravedere grandi potenzialità di sviluppo e permette indiscutibilmente a New Delhi di presentarsi come l’altro maggiore attore asiatico nel settore consentendogli, pur non avendo ancora raggiunto il livello delle maggiori potenze “spaziali", di fornire un notevole contributo alla ricerca, di assicurare un crescente livello di servizi alla popolazione e di affrontare con maggiore determinazione le sfide alle proprie frontiere terrestri e marittime.

Cina

Il programma spaziale cinese è nato per scopi squisitamente militari, mentre l’interesse commerciale per lo spazio è piuttosto recente, formalizzato per la prima volta nel libro bianco del 2016. In tale documento si sottolinea che, parallelamente alle Via della Seta terrestre e marittima, la Cina vuole realizzare anche la Belt and Road Space Information Corridor (BRISIC) che include, oltre alle capacità di osservazione della Terra, anche le comunicazioni e la radiodiffusione (con una estensione dei servizi cinesi di telecomunicazioni verso i partner della BRI - Belt and Road Initiative), la navigazione e il posizionamento, con particolare riferimento alla diffusione del suo sistema di navigazione satellitare Beidou. Ciò permetterebbe a Pechino di ampliare l’utilizzazione del servizio a livello globale, in concorrenza ai sistemi Galileo (UE), Glonass (Russia) e GPS (USA).

Il Beidou è stato sviluppato nel 2000 ed è diventato operativo nel 2020 e, a tutt’oggi, vedrebbe la presenza di una quarantina di satelliti che “coprirebbero” circa l’80% del globo. L’iniziativa punta a costruire una credibilità cinese quale paese capace di rispondere responsabilmente alle diverse sfide della modernità.

La BRISIC, pertanto, è interpretata da Pechino come una sfida per la gestione di un largo ventaglio di ambiti civili come i trasporti, l’agricoltura, la pesca, il SAR, la sorveglianza idrogeologica, le previsioni meteorologiche, la gestione delle catastrofi, la cartografia, la pubblica sicurezza, lo sviluppo informatico e le installazioni portuali intelligenti. Si comprende, quindi, come ciò sia considerato strategico sotto il profilo economico, politico e militare, dato che questi ambiti di applicazione delle tecnologie spaziali giocheranno prevedibilmente un ruolo crescente anche nel campo della sicurezza e Difesa, favorendo prevedibilmente la crescita dell’influenza globale da parte della Cina.

Unitamente alla BRISIC la Cina, per centrare le sue sempre maggiori ambizioni spaziali, ha ultimamente impresso una forte accelerazione anche allo sviluppo di lanciatori riutilizzabili. Nelle intenzioni di Pechino il settore dovrebbe essere “coperto” dal lanciatore Zhuque-2vi, realizzato dalla startup cinese Landspace, primo vettore a ossigeno e metano liquidi a raggiungere l’orbita, e dal Tialong-3, un lanciatore bistadio medio sviluppato da Space Pioneervii, che permetterebbe il trasporto di un carico di circa 15 t. Il primo volo è previsto per luglio 2024. È anche allo studio una sua versione “pesante” capace di circa 50 t di carico utile.

In merito ai vettori per carichi pesanti va ricordato il Changzheng-5 (sigla CZ-5), prodotto da una subordinata della China Aerospace Science and Technology Corporation (CASC)viii, alimentato con propellente liquido (ossigeno liquido e cherosene), che permette di trasportare carichi di 25 t in orbita terrestre bassa e di 14 t in orbita geostazionaria. Lanciato per la prima volta il 3 novembre 2016 dal cosmodromo di Wenchang, sull’isola di Hainan, dopo alcuni problemi “di gioventù” è diventato pienamente operativo. Il CZ-5 sta, inoltre, evolvendo verso una versione “rinforzata” per l’uso specifico lunare. Il CZ-10, questo il nome del nuovo vettore, potrà trasportare carichi di circa 70 t su orbita bassa e di 25 t verso la Luna.

Pechino sta, infine, sviluppando un razzo vettore “superpesante”, il Changzheng-9 (sigla CZ-9), che dovrebbe essere in grado di trasportare carichi utili di circa 150/160 t in orbita bassa, 53 t verso la Luna e 44 t su Marteix. Un “mostro” alto 108 m e largo 10,6 m, del peso di 4.122 t.

A sottolineare le ambizioni cinesi di leadership spaziale si aggiunge il fatto che la Cina guida un programma simile all’Artemide, denominato International Lunar Research Station (ILRS), che ha finora raccolto 8 adesionix. A differenza di Artemide, che garantisce a ogni partecipante una base comune sulla quale collaborare, ciascun accordo del programma ILRS è personalizzato.

L’accelerazione avvenuta negli ultimi dieci anni ha poi visto anche l’ingresso di nuovi protagonisti privati nella realizzazione di satelliti e vendita di servizi, settore storicamente dominato da attori istituzionali come la CASC (China Aerospace Science and Technology Corporation) e la CASIC (China Aerospace Science and Industry Corporation). Una politica che nel 2022 ha consentito alla Cina di piazzarsi al secondo posto nel mondo per numero di lanci effettuati, dietro agli USA.

Sotto il profilo militare va sottolineato che l’acquisizione di capacità spaziali è considerato un obiettivo prioritario dal presidente Xi Jinping che, in un’ottica di deterrenza e di mutua distruzione assicurata delle risorse, vuole nel breve termine cercare di contrastare la Pacific Deterrence Initiative degli USA. Nel medio termine (2050) l’obiettivo è quello di raggiungere una sostanziale parità con Washington, al fine di bilanciarne il peso geopolitico globale. In tale chiave va complessivamente interpretato lo sforzo economico e tecnologico attualmente in corso. (leggi articolo “La sfida cinese alla potenza navale statunitense”)

Dal 2007, quando ha svolto la prima esercitazione contro satelliti in orbita, la Cina ha poi sistematicamente portato avanti programmi per la realizzazione di tecnologie controspaziali. In tale ambito, sembra che la Cina si stia “specializzando” nella realizzazione di armi antisatellite costituite da missili economici ma teoricamente validi, in grado di distruggere con un solo lancio un satellite militare in orbita bassa.

Sotto il profilo geopolitico la BRISIC e i programmi spaziali militari, quindi, non rappresentano “solo” un fondamentale supporto all’architettura digitale della BRI (e l’estensione di alcuni suoi benefici ai paesi BRI sarà un mezzo per rafforzare le relazioni bilaterali) ma vogliono mostrare la propensione di Pechino a rispondere alle sfide globali e certificarne la capacità di sviluppare tecnologie critiche, soprattutto militari, senza l’aiuto occidentale, in un’ottica di complessivo ampliamento della propria influenza geopolitica (leggi articolo “Stabilità precaria nell’Indo-Pacifico”).

Considerazioni finali

Oltre ai paesi “storici”, USA e Russia, oggi ci sono quindi anche India e Cina a puntare verso le stelle, in una sorta di corsa strategica ed economica allo spazio. Per Pechino, in particolare, non si tratta solamente di contrastare New Dehli o di raggiungere la parità con Washington, ma di superare gli USA assicurandosi la superiorità spaziale.

Sotto il profilo economico lo spazio è, difatti, sempre più considerato un settore fondamentale che offre un immenso potenziale diretto e indiretto. Investire nel settore, infatti, incoraggia la nascita di nuovi settori industriali di eccezionale valore aggiunto e contribuisce, quindi, alla creazione di nuovi posti di lavoro. Il mercato mondiale della geolocalizzazione, per esempio, è stimato ammontare a circa 16 miliardi di USD (dati 2022) e si stima che il tasso di crescita fino al 2030 possa essere di circa il 15,6% annuale. Ciò fa del business dei satelliti un elemento importante della competitività industriale di un paese. A ciò si somma anche la ricerca di razzi vettori in grado di trasportare carichi sempre più pesanti e distanze sempre maggiori. Inizialmente destinati al lancio di satelliti in orbita geostazionaria o di sonde interplanetarie, i lanciatori pesanti sono rimasti per lungo tempo appannaggio delle grandi potenze spaziali. Tuttavia, la rapida crescita di una fiorente economia in orbita terrestre bassa, particolarmente lucrativa, ha portato anche numerose imprese private a rivalutare le capacità di trasporto “pesante”. Dall’orbita bassa fino a Marte, i lanciatori pesanti potrebbero quindi diventare elemento discriminante per il riconoscimento di potenza spaziale e le relative capacità probabilmente non serviranno unicamente a “piazzare” innocue costellazioni di satelliti a uso civile attorno alla Terra (leggi articolo “Spazio: geopolitica, economia e Difesa”).

Come è intuibile, infatti, i progetti spaziali civili in realtà hanno anche rilevanti implicazioni militari e, per esempio, nel programma spaziale cinese la dimensione militare non è assolutamente secondaria, tant’è che gli astronauti cinesi sono tutti militari e le basi di lancio sono tutte gestite dall’Esercito Popolare di Liberazione (People Liberation Army - PLA).

In un periodo, quale quello che stiamo vivendo, nel quale le relazioni internazionali sono contraddistinte da profonda incertezza, lo spazio è ormai un dominio impossibile da ignorare e occuperà un ruolo sempre più rilevante nella definizione dei futuri equilibri geopolitici delle principali potenze che, di conseguenza, tendono a sviluppare le capacità spaziali di cui hanno bisogno per il raggiungimento di obiettivi commerciali ma anche per scopi militari. In tale ambito, lo sviluppo di adeguate capacità di osservazione della Terra, per esempio, rappresenta più che mai una sfida, sia che si tratti di prevenire i rischi climatici, sia di tenere sotto controllo le risorse, sia per dare adeguate risposte alle esigenze di sicurezza e Difesa. Alla base di tutto c’è la consapevolezza che il controllo dello spazio, compresa l’acquisizione di capacità antisatellite, influirà sull’esito finale dei futuri combattimenti.

In tale ambito, la competizione globale rilanciata dalla Cina per la supremazia nello spazio impensierisce l’India in quanto le capacità cinesi nel settore, attualmente tutte protese a superare gli USA, domani potrebbero essere eventualmente rivolte contro New Delhi. È probabilmente per questo motivo che è stata impressa una forte accelerazione ai suoi progetti. Pechino, nel frattempo, prosegue il cammino degli ultimi dieci anni, durante i quali ha investito un fiume di denaro nel suo programma spaziale, ufficialmente a scopo di ricerca scientifica o per motivi economici, ma anche (o soprattutto?) per la supremazia strategica che la presenza nello spazio può garantire a chi si assicurerà un posto di rilievo tra le stelle.

Una sorta di nuovo Olimpo dove India e Cina siedono ormai di diritto. Una scelta che romanticamente possiamo attribuire al desiderio di avanzare nella conoscenza scientifica, ma che appare sempre più condizionata da forti ragioni geopolitiche e dall’esigenza di migliorare le rispettive capacità belliche, al fine di contrapporsi efficacemente alle rivendicazioni dell’avversario e di rispondere prontamente alle continue schermaglie lungo i confini e sul mare.

i Progettata e sviluppata dall'Istituto di tecnologia spaziale (Ist), in collaborazione con l'agenzia spaziale nazionale pachistana Suparco e dall'università cinese di Shanghai Sjtu.

ii Matematico e ingegnere aerospaziale indiano (1920-2002)

iii Al momento hanno firmato i seguenti 37 paesi: Angola, Arabia Saudita, Argentina, Australia, Bahrein, Belgio, Brasile, Bulgaria, Canada, Colombia, Repubblica Ceca, Equador, Francia, Germania, Grecia, India, Islanda, Isola di Man, Israele, Italia, Giappone, Lussemburgo, Messico, Olanda, Nuova Zelanda, Nigeria, Polonia, Repubblica di Corea, Romania, Rwanda, Singapore, Spagna, Ucraina, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Stati Uniti, Uruguay.

iv Si tratta di un programma a guida statunitense in cui la prima missione con equipaggio è prevista per il 2025 e il primo allunaggio nel 2026.

v La fase di progettazione sembra sia giunta alle fasi finali. Il lanciatore di nuova generazione dovrebbe essere riutilizzabile (per i primi due stadi)

vi Lanciato dallo spazioporto Jiuquan Satellite Launch Center, situato nel Nord della Cina, nel deserto del Gobi.

vii Conosciuta anche come Beijing Tianbing Technology Co., Ltd.

viii Si tratta della principale impresa statale per il programma spaziale cinese.

ix Un carico equivalente allo statunitense Saturno V del programma “Apollo” degli anni ’60-‘70.

x Azerbaijan, Bielorussia, Cina, Egitto, Pakistan, Russia, Sud-Africa, Venezuela.

Foto: ISRO / beidou.gov.cn / OpenAI