La guerra (nucleare) alle porte dell'Asia

13/11/17

Le roboanti dichiarazioni belliche tra USA e Corea del Nord di queste settimane mascherano in realtà, dietro la crescente tensione, anche la sostanziale impreparazione dei contendenti e dei loro sponsor e alleati ad affrontare la nuova guerra dagli inediti ed imprevedibili risvolti.

Nell'era che John von Newmann per primo definì della MAD (Distruzione Mutua Assicurata 1949-1989), il nucleare era visto paradossalmente come una polizza assicurativa per la pace. Tutto l'enorme bagaglio di studi e riflessioni di quei decenni sui simboli della deterrenza e il potere della dissuasione nucleare è lentamente scivolato nell'oblio dopo la caduta del muro di Berlino.

Vi sono stati e vi sono ancora atti e tentativi di tenere almeno sotto controllo il fenomeno della crescita del “mostro”, come l'assegnazione del premio Nobel per la pace a ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons, ndr) che persegue l'obiettivo della revisione del vetusto trattato di non proliferazione nucleare (1970), ma la denuncia dell'accordo con l'Iran da parte di Trump dopo appena due anni dalla sua entrata in vigore ce la dice lunga sulla effettiva valenza di tali patti.

Di fatto Ri Yong Ho Ministro degli Esteri della Corea del Nord ha rotto gli argini e ha lasciato intendere, il 3 settembre 2017, che il suo Paese è pronto perfino testando la terribile, iper-proibita bomba all'idrogeno. A questo punto il segnale d'allarme in tutta l'area costiera più popolosa del mondo tra Cina, Corea e Giappone è definitivamente scattato. La Regione infatti è un pilastro fondamentale non solo per l'economia del mondo globale ma anche, inevitabilmente, per le opzioni strategiche e militari.

La risposta del Security Advisor USA generale McMaster, non si è fatta attendere, affermando che è giunto il momento di approvare e aggiornare i piani militari con un placet politico che metta il suggello anche alla scelta dell'opzione nucleare, anche se i risvolti di tale atto non sono ancora né definiti, né chiari.

Il recentissimo libro bianco sulla difesa giapponese, subito condiviso dal premier Schinzo Abe, in 35 scarne pagine descrive la Corea del Nord, ma anche il suo padrone - la Cina Popolare, come i diretti nemici dei paesi sulla sponda del Pacifico ed evidenzia il possibile utilizzo del nucleare, mettendo cosi in luce che il coinvolgimento si sta allargando a macchia d'olio.

Il presidente Trump e il generale Mc Master hanno sottolineato che l'unica soluzione accettabile per gli Stati Uniti è la denuclearizzazione della Corea del Nord. Ma tutti sanno che ciò è impossibile perché "KIM STRANAMORE" ha legato la sopravvivenza del suo regime proprio al fatto di essere una potenza atomica, riprendendo le tesi del più grande teorico della guerra nucleare - lo scienziato ideatore della teoria dei giochi Herman Kahn - ovvero che chi detiene il potere nucleare fa paura e non viene attaccato. Senza la bomba la Corea del Nord sarebbe un innocuo Paese satellite della Grande Cina, povero e irrilevante.

Come abbiamo visto, nel corso della guerra fredda le armi erano soprattutto strategiche, la loro potenza si misurava in megaton, ed avevano un chiaro carattere di deterrenza. La famosa “MAD” massimizzava i rischi e minimizzava i guadagni di una guerra. Ma nessuno Stato ciononostante (anche nei momenti più pericolosi come la crisi di Cuba) ne ha fatto uso.

Oggi invece la possibilità di impiego si concentra soprattutto sulle bombe atomiche tattiche, dai 20 kT in giù. La soglia del possibile uso nucleare si è quindi abbassata, soprattutto tenendo conto che gli arsenali delle nuove potenze non dispongono di ordigni nell’ordine dei megaton, ma solo di piccola-media potenza. Per fare un esempio, l'ordigno pakistano vale meno di 40 KT, quello indiano è solo un po' più potente.

Grazie anche al fatto che una nuova generazione di militari non sappia, come i vecchi generali, cosa significhi lanciare “la bomba” (in pochi secondi 70 mila evaporati, altrettanti morti quasi immediatamente, 400 mila colpiti da radiazioni) lentamente gli stati maggiori stanno maturando l'ipotesi che l'uso dei mezzi nucleari tattici possa essere consentito soprattutto alla luce dei rendimenti decrescenti dei conflitti odierni.

I bombardieri strategici sono pronti a Guam, 2500 chilometri da Pyongyang. Saranno scortati dagli F15C dalla base USA di Okinawa e dagli squadroni delle portaerei USS Nimitz (CVN68), Carrier Strike Group 11, USS Carl Vinson (CVN70) Strike 54, USS Ronald Reagan (CVN 76). Gli aerei sono pronti, i missili anche.

Non c'è dubbio che il problema del nucleare sia adesso tutto in Asia: le principali potenze atomiche Russia, Cina, India, Pakistan e nel Pacifico gli USA, si stanno scontrando tra di loro proprio in quella regione dove 72 anni fa furono lanciati i primi ordigni su Hiroshima e Nagasaki.

E l'arsenale globale nucleare vale oggi un milione di bombe pari a quella sganciata su Hiroshima.

Il risultato oggi potrebbe quindi essere ancora più spaventoso: oltre un milione di caduti e contaminati in pochi secondi.

 

Prof. Arduino Paniccia

Presidente ASCE - Scuola di Competizione Economica Internazionale di Venezia e docente di studi strategici

(foto: U.S. DoD / NSA)